Nel lontano dicembre 2015 avevo scritto un articolo che discuteva sulla possibilità di investire in bond cinesi denominati in yuan, oppure di diversificare le proprie valute in banca, comprando anche un pò di yuan.

L’articolo era apparso in concomitanza con l’ingresso ufficiale dello yuan nel paniere del Fondo Monetario delle valute scambiabili a livello globale.

All’epoca, e anche adesso, questa possibilità di investimento o di diversificazione era qualcosa da considerare a lunghissima scadenza, perché il processo di diffusione dello yuan fra gli scambi internazionali è appena agli inizi. Un pò come se vedessimo spuntare per la prima volta delle piante su un’isola creata in mezzo all’oceano da un’eruzione vulcanica. Prima che l’isola si ricopra di vegetazione ci vogliono decenni.

Lo yuan costituisce finora solo il 2% del volume di scambi valutari, a paragone del dollaro, che occupa ancora il 40% degli scambi.

Il volume dei pagamenti di beni e materie prime scambiate in yuan è inoltre solo una parte di ciò che ci vuole per rendere questa moneta un “must” nel club dell’economia mondiale.

E’ necessario che ci sia un mercato molto liquido e ben frequentato dove scambiare i bond denominati in questa valuta.

Gli investitori hanno sempre bisogno di poter collocare il surplus di denaro da qualche parte.

Finora, se sei un’azienda che fa scambi commerciali con la Cina e guadagni un pò di yuan, non hai molte alternative se non tenerteli in banca o spenderli in Cina. Non c’è un vasto mercato di bond di aziende cinesi dove poterli investire.

Un mercato di bond degno di questo nome deve anche avere tanti strumenti protettivi, come derivati e opzioni, dei canali per regolamentare e liquidare gli scambi e una legislazione per comporre le dispute, proteggere i creditori e governare le bancarotte.

La Cina non ha nulla di tutto questo, almeno a livelli paragonabili con qualsiasi piazza occidentale.

Perciò l’esempio dell’isola appena nata in mezzo al mare è più che calzante.

I due bond cinesi che avevo segnalato nell’articolo di dicembre erano:

Market Vectors ChinaAMC China Bond Fund (NYSE: CBON)

KraneShares E Fund China Commercial Paper Fund (NYSE: KCNY)

che da allora non hanno fatto alcuna performance degna di rilievo, ma anzi si sono lievemente deprezzati.

Come dissi in quell’articolo, questi bond hanno una cedola annuale del 3% e il loro valore è anche determinato da:

  1. il prezzo delle quote
  2. la rivalutazione o svalutazione dello yuan

E credo che finora il punto debole di questa formula sia stato proprio la rivalutazione dello yuan.

Qui siamo davvero molto frustrati dal non poter stare nella stanza dei bottoni del governo cinese e non sapere veramente cosa diamine stanno progettando di fare.

Riguardo alla rivalutazione o svalutazione dello yuan, i Cinesi sono combattuti da due obiettivi quasi opposti, che non so fino a quando potranno continuare a perseguire insieme.

Da un lato, vogliono assicurare allo yuan lo status di valuta “forte” che possa distinguersi dalle valute estremamente svalutate come lo yen e l’euro e tutte le altre che seguono a ruota il loro cattivo esempio.

Dall’altro, non vogliono arrivare a uno scontro frontale con gli Stati Uniti e il dollaro e perciò continuano a tenere legato lo yuan al corso del dollaro.

Ne abbiamo avuto una prova lampante proprio seguendo l’andamento dei due bond cinesi, che ad aprile, quando il dollaro ha avuto quella insolita caduta, hanno perso di valore fino al 7%, segno che i Cinesi avevano ripreso ad acquistare titoli di stato in dollari per svalutare quanto bastava lo yuan.

Ora che il dollaro è tornato a rivalutarsi, anche i nostri due bond sono tornati al loro solito debole deprezzamento fra il -3 e il -4%.

Quindi, se è vero che la Cina ha tutta l’intenzione di affermare lo yuan come moneta forte, è anche vero che finché continua questo giochetto con il dollaro, non vedremo mai una clamorosa performance dei nostri bond cinesi.

Finora gli sforzi per rivalutare lo yuan sono diretti contro altre valute mondiali, non col dollaro.

Ai Cinesi per ora basta guadagnare terreno con le valute dei Paesi che formano la rete sempre più fitta dei loro scambi commerciali. Non osano mettersi in diretta competizione col dollaro, anche perché, come dicevo, il volume dei pagamenti internazionali in yuan è ancora trascurabile a confronto di quelli eseguiti in dollari.

E che dire della affascinante storia del progetto “segreto” di creare un gold standard per lo yuan, cioè di legare il valore dello yuan a quello delle riserve auree del governo cinese?

Ne avrai forse sentito parlare, soprattutto nei blog più “cospirazionisti” e sarebbe di certo una mossa a sorpresa molto forte per dare allo yuan lo status di valuta “diversa” da quelle ormai “degenerate” degli Stati occidentali e del Giappone, dotate solo di un valore “arbitrario”, non più legato a qualcosa di oggettivamente misurabile come l’oro.

Ebbene, sappiamo che le riserve auree cinesi sono molto più cospicue di quanto ufficialmente viene ammesso. Ma anche se ammontassero a una quantità favolosa, diciamo 10.000 tonnellate, il loro valore sarebbe attualmente di 385 miliardi di dollari, laddove la quantità di moneta prodotta dai Cinesi ammonta a 5,4 trilioni (milioni di miliardi) di dollari.

Quindi le riserve di oro coprirebbero solo il 7% della quantità di yuan disponibile.

Storicamente, i Paesi che in passato hanno legato il valore della moneta alle riserve di oro avevano la possibilità di coprire tra il 20 e il 40% della moneta disponibile.

Se la Cina riducesse la produzione di yuan per raggiungere una copertura di almeno il 20%, provocherebbe una deflazione che getterebbe il Paese in una recessione senza precedenti. Quindi dimentica la possibilità che ciò possa mai avvenire…

Tutto ciò a cui la Cina può aspirare oggi è di raggiungere lo stesso livello di importanza degli Stati Uniti a livello di scambi internazionali.

E per farlo deve incrementare il suo potere di voto nel Fondo Monetario e spingere il Fondo Monetario stesso a determinare dei diritti speciali di prelievo per lo yuan, al pari delle altre valute del paniere mondiale.

Senza l’approvazione degli Stati Uniti, tutto ciò la Cina non lo otterrà mai. Ecco perché il governo cinese continuerà a “comportarsi bene” con gli USA e cioè:

  1. continuerà a mantere lo yuan legato al corso del dollaro
  2. continuerà a sottostimare il valore delle proprie riserve auree e in generale non farà molta propaganda all’oro come valore ultimo di riserva.

Riguardo a quest’ultimo argomento, i blog “cospirazionisti” qualcosa di vero lo “sentono”.

E’ vero che al momento le economie mondiali hanno pronte le loro riserve auree per proteggersi da una bancarotta globale che è sempre più una possibilità reale all’orizzonte.

Ma proprio per questo, i membri di questo “club” negano ufficialmente l’importanza dell’oro e il fatto che possa essere usato come valuta di ultima istanza in caso di crack valutari.

E se la Cina vuole far parte di questo “club” deve attenersi alle stesse regole.

La Cina ha creato il suo mercato di oro alternativo a quello “tradizionale”, corrotto e sull’orlo della bancarotta, basato sulla piazza di Londra, e si spinge fino a minacciare le banche occidentali per costringerle a scambiare in questo suo nuovo mercato.

Ma non lo fa nell’interesse dei tifosi dell’oro, bensì nell’interesse del Paese.

Se l’oro un giorno conterà molto più di adesso, la Cina si ritroverà già con un mercato bello e pronto con cui potrà controllare e prevenire le distorsioni che gli Occidentali potrebbero fare sul prezzo del metallo giallo.

Sulla questione della rivalutazione/svalutazione dello yuan, dunque, abbandonata l’ipotesi di un fantascientifico “gold standard”, credo che alla fine bisogna farsi una domanda fondamentale.

La domanda è: davvero pensi che la Cina voglia rinunciare a uno dei maggiori strumenti di potere oggi a disposizione degli Stati, cioè la possibilità di stampare la moneta e fissarne il valore a piacimento?

Perché una dittatura, per quanto illuminata, dovrebbe improvvisamente diventare più accomodante e libertaria delle finte democrazie occidentali?

Credo che questo sia l’argomento decisivo contro l’ipotesi che lo yuan diventi nel breve termine una valuta diversa da quelle che gli Stati manipolano a loro piacimento ogni giorno.

Solo la bancarotta o la distruzione di una importante valuta mondiale potrebbe spingere la Cina a cambiare strategia e a prendere il controllo della loro moneta in modo diverso.

Certamente i Cinesi si tengono pronti anche per questa eventualità, forse molto più e molto meglio di tanti Stati Occidentali.

Ma non saranno loro a rovesciare il banco.

Per tornare ai nostri due bond, risulta sempre più evidente che lo yuan non si rivaluterà in maniera clamorosa nelle condizioni economiche attuali. Perciò uno dei due fattori che possono rivalutare questi bond nel medio termine è come “congelato”, finché la Cina continuerà a mantere buoni rapporti con gli USA e col dollaro.

Tenere in portafoglio questi bond (così come tenere yuan nel proprio conto in banca) è dunque sempre più una strategia a lunghissimo termine, nella previsione che un giorno le regole del gioco possano cambiare a tal punto da rendere le economie mondiali molto diverse da come sono ora, con rapporti di forza del tutto ribaltati.

Si tratta di una possibilità remota o di qualcosa di molto vicino a noi?

Nessuno può dirlo, ma una buona regola per chi investe a lungo termine è di tenersi pronti per qualsiasi evenienza, anche quella che sembra più remota.

E lo yuan sarà certamente un asset che non potrai fare a meno di considerare, quando verrà quel giorno fatidico…

Alla tua prosperità!

Il team di Segnali di Borsa