Tutti dicono che l’Italia, dopo la Germania e gli Stati Uniti, è il terzo paese al mondo per riserve d’oro fisico, con un ammontare pari a 2451,8 tonnellate.

Devo pero’ subito spegnere i facili entusiasmi per questa notizia…

Per comprendere come veramente stanno le cose, dobbiamo infatti smontare pezzo per pezzo la frase precedente, sostituendola con i dati reali.

Iniziamo quindi con questa correzione:

La Banca d’Italia è la terza banca centrale nazionale al mondo per riserve di oro fisico.

Qui il soggetto della frase iniziale è cambiato. Non è piu’ l’Italia, ma la Banca d’Italia.

Infatti la classifica in cui l’Italia sarebbe terza, riguarda i depositi delle banche centrali nazionali. Quindi è piu’ esatto dire che ad esempio, la Banca d’Italia ha piu’ riserve della Banca Olandese, oppure che la Bundesbank ha piu’ riserve della Banca d’Italia; e cosi’ via…

Purtroppo pero’ le correzioni non sono finite qui.

Stiamo per arrivare a quella piu’ sgradevole.

Si, perché la correzione definitiva della frase iniziale dell’articolo dovrebbe essere:

L’Italia è l’unico paese al mondo a NON avere alcuna riserva di oro fisico.

Qui il soggetto della frase è di nuovo l’Italia.

Ma il senso della frase è interamente ribaltato.

Invece di essere il terzo paese al mondo per riserve di oro fisico, ora scopriamo che l’Italia non è il terzo, ma non è nemmeno il quarto o il novantaseiesimo…

Scopriamo che l’Italia in quella classifica non c’è proprio, in quanto una riserva di oro fisico non ce l’ha!

Per evitare malintesi, lo ribadisco con altre parole…

Negli Stati Uniti, in Francia, in Nuova Zelanda, in Zimbabwe, in Groenlandia…insomma, in tutti i paesi di questo pianeta, nessuno escluso, lo Stato è nel pieno possesso delle proprie riserve di oro fisico.

Un solo paese al mondo fa eccezione…ed è l’Italia.

Infatti, mentre le banche centrali di tutti gli altri paesi (ma proprio tutti) detengono le riserve d’oro per conto del proprio paese, la banca centrale italiana è l’unica al mondo a rivendicare il possesso esclusivo delle riserve d’oro nazionali.

Lo chiarisce senza mezzi termini una guida sulle riserve auree redatta dalla stessa Banca d’Italia nel 2014.

Come si è arrivati a questa incredibile anomalia?

Nel corso della seconda guerra mondiale, le riserve auree italiane (parliamo questa volta delle riserve dello Stato) si erano ridotte al lumicino.

Delle 498 tonnellate del 1925 erano rimaste appena 122, di cui 71,3 tonnellate furono pretese dai nazisti quando occuparono l’Italia nel 1943.

Nel dopoguerra, una iniziale restituzione delle riserve fu condotta dal programma americano detto TGC (Tripartite Commission for the Restoration of Monetary Gold).

Ma la maggior parte delle riserve attuali (come quelle delle altre principali banche centrali europee) furono costituite con gli acquisti massicci di oro fatti dal governo dal 1953 al 1970.

Queste riserve erano state ricostituite dall’Ufficio Italiano dei Cambi (UIC), creato nel 1945 con un decreto dell’allora Regno d’Italia allo scopo di gestire le riserve valutarie del paese.

Nel 1960 e nel 1965 l’UIC trasferi’ 1889 tonnellate di oro nei depositi della Banca d’Italia (l’UIC era un ente strumentale della Banca d’Italia).

Dopo la soppressione dell’UIC nel 2008, la Banca d’Italia riprese tutte le funzioni che erano state svolte in sua vece dall’organismo appena soppresso.

Il nocciolo della questione arriva pero’ nel 1979, con lo scandalo in cui il governatore della Banca d’Italia, Paolo Baffi, fu accusato di interesse privato in atti d’ufficio.

Nonostante la sentenza finale del 1981 assolse lui e il suo vice, lo scalpore di questa vicenda fu il pretesto (o la motivazione, giudica tu stesso) con cui il Ministro del Tesoro Andreatta nel 1981 decreto’ il famoso divorzio tra la Banca centrale e il governo, nel mezzo di una feroce polemica con l’allora ministro delle Finanze, Formica, e provocando la caduta del governo Spadolini, di cui entrambi i ministri facevano parte.

Ma il vero divorzio con lo Stato si consumo’ all’approssimarsi dell’entrata italiana nell’euro, con il decreto del 1998 che sottrae allo Stato la gestione della Banca d’Italia.

Nel 1999 (governo D’Alema) il Parlamento tento’ inutilmente l’approvazione del disegno di legge n. 4083, che avrebbe restituito allo Stato le quote azionarie della banca.

Da allora, la Banca d’Italia, unica fra le banche centrali del mondo civilizzato, ha assunto una doppia natura.

Dal punto di vista della proprietà, le quote azionarie sono per legge detenute da banche private (le stesse che la Banca d’Italia dovrebbe controllare), nonché da assicurazioni e fondi pensione con sede in Italia.

Dal punto di vista del diritto, è un istituto di diritto pubblico fin dal 1936, come ribadito dalla Cassazione nella sentenza n.16751 del 2006.

Visto che dal 2008, dopo la soppressione del’UIC, le riserve auree sono un asset della banca, anche queste subiscono questa ambigua collocazione.

Sono proprietà degli azionisti privati, certo, ma dovrebbero essere utilizzate nell’interesse degli scopi dell’istituto, che pero’ non necessariamente coincide con quelli dello Stato.

Prima di tentare un commento conclusivo a questa bizzarra situazione, c’è pero’ un ultima correzione da fare sulla frase iniziale di questo articolo.

Tieniti forte, perché le soprese non sono finite…

La frase finale corretta è…

Non è detto che la Banca d’Italia abbia veramente le riserve di oro fisico che pretende di avere…

Lo so, sembra una facile battuta a effetto da commedia dell’arte.

Ma quando si parla di depositi di oro detenuti dalle banche centrali, la trasparenza diventa un concetto inutile.

Se poi la banca in questione è la Banca d’Italia, allora siamo a posto…

Ad ogni buon conto, una spiegazione è necessaria.

Perché la Banca d’Italia non dovrebbe avere quelle 2451,8 tonnellate di oro fisico che fanno il vanto della patria di Leonardo da Vinci e Raffaello?

Procediamo con ordine.

Consideriamo anzitutto dove sono state collocate queste riserve d’oro.

Secondo il rapporto già citato del 2014 sulle proprie riserve, la Banca d’Italia sostiene che circa 1199,4 tonnellate sono detenute nella propria sede centrale di Roma.

Possiamo già dire che sono queste le uniche riserve su cui abbiamo una approssimativa certezza.

Su tutto il resto, cioè su circa 1252 tonnellate, possiamo solo fidarci sulla parola…

Concentriamoci infatti sulla quasi totalità di queste 1252 tonnellate, che sono detenute nella Banca della Federal Reserve a New York (un residuo trascurabile di queste riserve sono invece a Londra e in Svizzera, ma per semplicità le ignoriamo).

L’ultima volta che è stato possibile avere una prova indiretta della reale presenza di queste riserve a New York è stato quando, tra il 1974 e il 1978, circa 542 tonnellate furono usate come collaterale in una serie di prestiti che la Federal Reserve concesse alla Banca centrale tedesca.

Dopo quella data, come dicevo, dobbiamo fidarci del solito documento del 2014, secondo il quale ogni anno un gruppo di ispettori della Banca d’Italia effettua una verifica su queste riserve detenute all’estero. Verifica che consiste semplicemente nel farsi spedire dalle banche estere un certificato che attesta la presenza del deposito.

Ora, chi bazzica nel mondo delle compravendite di oro fisico su vasta scala, sa bene il valore che hanno questi certificati…

Il mercato dell’oro è pieno di certificati falsi o che semplicemente si riferiscono a depositi ormai vuoti.

I certificati di deposito, come avverte questo articolo divulgativo, sono la parte piu’ rischiosa in una trattativa di compravendita e vengono persino usati a volte dalle piattaforme di trading piu’ spregiudicate come collaterale di falsi, ma “validi” derivati sull’oro.

Ma se questa diffidenza da addetti ai lavori non basta, c’è un motivo oggettivo e ragionevole per dubitare che la Federal Reserve detenga ancora tutte le 1252 tonnellate di cio’ che una volta era oro italiano e che oggi è un asset della Banca d’Italia.

Il motivo è che, come alcuni forse già sanno, la Germania ha tentato di farsi restituire dalla stessa Federal Reserve una piccola quantità dell’oro che incautamente la Bundesbank ha depositato negli USA (parliamo di 300 tonnellate, che sono appena il 24% delle circa 1236 detenute dalla Germania presso la Federal Reserve).

Ebbene, il trasferimento di questa modica quantità è stata una delle procedure piu’ lunghe e faticose mai effettuata dalla Bundesbank.

Tra ritardi, ammiccamenti, richieste di rinvio, ci sono voluti ben 7 anni…

Segno che la Federal Reserve usa quell’oro come collaterale o per concedere prestiti, oppure nel tempo lo ha venduto chissà dove e percio’ ha bisogno di tempo per ricomprarlo da qualche altra parte.

Insomma, quello che ha dovuto subire la Bundesbank non promette niente di buono per l’oro italiano e per quello degli altri paesi europei che si trova a New York.

La Banca d’Italia, che da anni ha un ufficio di rappresentanza a New York, nella 800 Third Avenue al 26 piano, potrebbe effettuare una verifica fattuale, inviando dei revisori che di persona possano accertarsi della reale esistenza di questi depositi (come avviene di norma in tutte le compravendite di oro fisico).

Ma non sembra che questo problema sia in cima ai pensieri dei funzionari della banca.

Dopo quest’ultima bizzarria, possiamo davvero tracciare il vero quadro che rappresenta la situazione dell’oro “italiano”.

Riassumendo quanto detto finora:

  • l’Italia è l’unico paese sul pianeta terra a non avere la proprietà delle riserve aurifere della sua banca centrale
  • la Banca d’Italia rivendica l’esclusivo possesso di tali riserve; forte del fatto, insolito per una banca centrale, di essere proprietà privata di istituti di varie tipologie
  • La parte di queste riserve che è detenuta all’estero, pari a poco meno della metà delle riserve totali, è del tutto incerta in termini di quantità reali ancora esistenti. E non c’è alcun modo per lo Stato, quindi per gli Italiani, di pretendere legalmente delle verifiche approfondite dalla Banca d’Italia.
  • D’altra parte, a cosa servirebbero tali verifiche, visto che i depositi di oro in questione non appartengono nè allo Stato, nè agli Italiani?

La prossima volta quindi che qualcuno ti dirà, con una punta di orgoglio, che l’Italia è il terzo paese al mondo per riserve aurifere, sii paziente e compatiscilo, oppure, ancora meglio, prenditi un po’ di tempo per spiegargli bene come stanno le cose…

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Il team di Strategie Economiche News